venerdì 5 marzo 2010

I cattolici e il voto

Prendo spunto da una lettera aperta dell'onorevole Pierluigi Martini indirizzata a Paola Binetti sul progetto di una Costituente di Centro e pubblicata stamattina sul quotidiano Liberal (a breve anche il link) per fare alcune mie considerazioni sui cattolici e il loro voto politico.
Condivido e sottoscrivo tutto l'intervento che evidenzia questo nuovo modo di interpretare la laicità dello stato e dei cattolici che non possono rinunciare ai loro valori quando scendono nel dibattito pubblico (ottime le citazioni di Barak Obama "i credenti non devono appendere la propria religione prima di scendere nella pubblica piazza" e di Tony Blar "La mia fede è stata sempre importante per la mia politica"). Però ho un altro punto di vista sulle ragioni e sulle percentuali di voto dei cattolici (praticanti e no). Nell'intervento si riporta il risultato degli istituti di statistica dove si dice che il voto tra i cattolici praticanti (12% del totale dei cattolici) è andato all'UDC per una percentuale tra il 7 e l'8% quindi di poco superiore al risultato complessivo del partito. L'on. Mantini interpreta questo dato dando per scontato che i cattolici praticanti non vedano nell'UDC uno specchio della loro fede. Secondo me invece l'analisi è un altra, se è vero che in politica non è possibile ricondurre ad un unico partito il voto cattolico, è anche vero che la grande frammentazione di questo voto cattolico è dovuta a 2 grandi fattori che merino una lettura più approfondita:
1) il decadimento dei valori propriamente cristiani nella nostra società;
2) la disistima verso la politica, dopo anni di crisi di identità dovuta alla fine delle ideologie del XX secolo.
Partiamo dal primo punto, il decadimento dei valori propriamente cristiani; purtroppo il periodo storico che stiamo attraversando, come il nostro papa Benedetto XVI continuamente ci ricorda, è pervaso da un forte relativismo sia sui valori morali che etici. Tale relativismo ci ha resi insensibili a certe tematiche che sono state fino ad oggi una delle prerogative del mondo cattolico, come la famiglia, la solidarietà o la sussidarietà. E' chiaro che se anche i cattolici non hanno un idea ben chiara di quali che siano le loro radici, tradizioni o cultura difficilmente si possono orientare nel marasma dell'offerta politica sempre più frammentata e difendere il proprio credo. Secondo punto, la disistima verso la politica; qui le ragioni vanno da ricercarsi nella crisi dei partiti stessi dovuta alla fine delle 2 ideologie dominanti del XX secolo che hanno lasciato un vuoto ancora non colmato. Per questo molti elettori cattolici che prima si riconoscevano chiaramente in una parte ben precisa, ora non riescono a percepire la vere proposte/offerte dei partiti. La politica che sta facendo l'UDC va proprio in quest'ultima direzione, il superamento delle ideologie sostituite da valori positivi, che nel nostro caso si riconducono alla nostra cristianità.
La mia conclusione quindi è quella di non preoccuparci di avere il coraggio di proporre con forza i nostri valori cristiani a beneficio di una visione più laica dello Stato, la nostra proposta va proprio nell'altra direzione, bisogna avere il coraggio di essere cattolici impegnati (come le recenti indicazioni della CEI e del cardinal Bagnasco) per una nuova stagione con i nostri valori innegoziabili al centro del dibattito politico per cercare di dare un argine concreto a questa immoralità diffusa presente nella società contemporanea.

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